Ernia del disco: sintomi, cause, cure

L’ernia del disco è la fuoriuscita di materiale discale dai propri limiti anatomici, in particolare del nucleo polposo (la porzione centrale del disco interververtebrale) mediante una fissurazione dell’anulus fibroso (porzione periferica).

Nella maggior parte dei casi l’ernia del disco interverterbale è del tutto asintomatica, costituendo un riscontro radiologico incidentale.

Ernia del disco

Quando sintomatica, si manifesta con dolore e segni e sintomi di compressione delle radici nervose.

L’ernia del disco cervicale può provocare dolore cervicale e deficit sensitivo-motori agli arti superiori.

L’ernia del disco condizionante compressione delle radici nervose lombo-sacrali può causare sciatalgia, dolore irradiato lungo il decorso del nervo sciatico sulla superficie posteriore della coscia e della gamba, o cruralgia, dolore lungo il decorso del nervo crurale sulla faccia anteriore della coscia.

La diagnosi viene posta dal medico sulla base dell’anamnesi e dell’esame clinico e confermata con l’esecuzione di esami di imaging, in particolare la risonanza magnetica nucleare.

Le ernie del disco intervertebrale hanno tendenza spontanea alla guarigione, con regressione dei sintomi coi soli trattamenti conservativi.

La chirurgia si rende necessaria nei casi con grave compromissione neurologica.

Epidemiologia

La storia naturale della patologia e l’incostante corrispondenza col quadro clinico non consentono una stima precisa della sua prevalenza, stimata comunque attorno al 3% nei Paesi Occidentali.

L’ernia del disco sintomatica è più frequente nelle persone di età compresa tra i 30 e i 50 anni, costituendo una causa significativa di dolore e limitazione funzionale.

I principali fattori di rischio riguardano uno stile di vita sedentario, l’obesità e il sovrappeso, l’alta statura, le attività lavorative o sportive che comportino il sollevamento e la movimentazione di carichi, la gravidanza.

Cenni di Anatomia

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Ciascuna vertebra del rachide è separata da un disco intervertebrale, una sorta di cuscinetto, che ha la funzione di distribuire le forze di carico sulla colonna e consentirle una maggiore mobilità.

Il disco intervertebrale è costituito da una porzione esterna, detta anulus, di consistenza fibrosa, che fornisce resistenza alle forze in torsione, trazione e taglio, e da una porzione interna, detta nucleo, di consistenza gelatinosa, in grado di resistere a sollecitazioni, principalmente in compressione.

Il disco intervertebrale è una struttura priva di vasi sanguigni, che riceve ossigeno e materiale nutritizio per diffusione dalle strutture adiacenti.

Per tale motivo ha una spiccata tendenza alla degenerazione senile.

In presenza di patologia erniaria o discopatia degenerativa è possibile il conflitto con le strutture nervose della colonna vertebrale: all’interno del canale vertebrale decorre il midollo spinale e, a ciascun livello discale, fuoriesce un paio di nervi spinali, destinati alla periferia.

Classificazione delle ernie

Sulla base della localizzazione anatomica dell’ernia è possibile distinguere ernie mediane, paramediane, laterali, intraforaminali ed extraforaminali.

Ernie mediane

Il materiale erniario si trova lungo la linea mediana del midollo spinale.

Ernie paramediane

Si tratta di ernie posteriori o poco deviate rispetto alla linea mediana.

Ernie laterali

Ernie laterali rispetto alla linea mediana

Ernie intraforaminali

Ernie che interessano il forame di coniugazione

Ernie extraforaminali

Ernie site lateralmente rispetto al forame di coniugazione

Sulla base dell’entità della fuoriuscita del materiale erniario, è possibile classificare le ernie in: contenute, protruse ed espulse.

Bulging discale o protrusione discale

L’anulus fibroso del disco intervertebrale è ancora intatto ma si crea una protrusione che può comprimere le strutture nervose.

Si parla di ernia discale vera e propria quando il disco è fissurato:

Ernie contenute

Il materiale erniario fuoriesce tramite una fissurazione dell’anulus ed è contenuto dal legamento longitudinale posteriore.

Ernie protruse

Il legamento longitudinale posteriore è leso. Il nucleo polposo erniato si insinua fino a prendere contatto con le strutture nervose circostanti.

Ernie espulse

Il nucleo polposo ha perso contatto col suo sito anatomico originario.

Ernie migrate

Il materiale erniario si sposta a distanza rispetto al sito originario, solitamente in senso cranio-caudale per gravità.

Distinguiamo inoltre, in base alla “qualità” del materiale erniato:

Ernie del disco “molli”

Sono l’esito di erniazione di un nucleo polposo ancora “giovane”, gelatinoso.

Ernie del disco “dure”

Sono il risultato di una discopatia degenerativa e pertanto più frequenti nell’anziano.

Fisiologicamente, con l’avanzare dell’età il disco intervertebrale va incontro a disidratazione, il nucleo polposo si irrigidisce e ha una minore tendenza all’erniazione.

L’intero disco tende piuttosto a deformarsi.

Fisiopatologia dell’ernia

I dischi intervertebrali sono sottoposti, nel corso della vita, a continue sollecitazioni, assorbendo una notevole quantità di forze compressive, distrattive, torsionali.

E’ possibile riconoscere e descrivere due meccanismi distinti nella fisiopatologia dell’ernia: il primo, più frequente nel soggetto giovane, a insorgenza acuta in seguito a uno sforzo fisico, e il secondo, più frequente in età avanzata, legato a fenomeni di tipo degenerativo-artrosico.

Questo è legato ai cambiamenti anatomici e strutturali cui il disco intervertebrale va incontro fisiologicamente con l’avanzare dell’età.

Nel soggetto giovane, il disco intervertebrale è ben idratato e l’ernia del disco può insorgere acutamente in seguito a un forte carico, dovuto a un sollevamento di pesi eseguito in modo scorretto o a un trauma, che determini una fessurazione nell’anulus e la fuoriuscita del nucleo polposo. Si parla di ernia del disco “molle”. E’ molto comune l’insorgenza di una sindrome sciatalgica acuta in seguito al sollevamento di un peso eseguito con rachide flesso, specie se combinato a un movimento di torsione o rotazione del tronco.

In età più avanzata, il disco degenera, in particolare, il nucleo polposo si disidrata riducendo il suo volume e l’anulus fibroso diventa meno “resistente”. La comparsa di fissurazioni a livello dell’anulus rende possibile l’erniazione del nucleo polposo. Nel complesso il disco intervertebrale diventa meno efficiente nel contrastare le sollecitazioni che riceve durante lo svolgimento dei movimenti e il mantenimento del carico. Questo determina instabilità, ulteriore degenerazione, tendenza al contatto tra vertebre adiacenti con progressione del fenomeno artrosico e coinvolgimento delle strutture nervose del rachide con sintomatologia connessa.

Il tratto cervicale e quello lombare della colonna vertebrale sono i più colpiti dall’ernia del disco, in quanto dotati di maggiore possibilità di escursione articolare.

La colonna cervicale è prevalentemente interessata da ernie del disco “dure”, associate a fenomeni degenerativi. Questo è dovuto al fatto che fisiologicamente il nucleo polposo dei dischi intervertebrali cervicali hanno un volume minore rispetto all’anulus. Le ernie discali cervicali sono più frequenti a livello C5-C6 e C6-C7 perché tali segmenti sono dotati di maggiore mobilità.

Viceversa, nel tratto lombare del rachide sono più frequenti le ernie del disco “molli”, in quanto il nucleo polposo è più rappresentato. Le ernie discali lombari sono più frequenti tra L4-L5 ed L5-S1 perché a questo livello il meccanismo erniario è anatomicamente più favorevole.

7 principali fattori di rischio

Età

Si osservano due picchi di incidenza, il primo tra i 30 e i 40 anni, legato a meccanismi traumatici, e il secondo oltre i 65 anni, legato a patologia degenerativa discale.

Sesso

Nell’uomo la patologia è più frequente rispetto alla donna.

Altezza

Dati epidemiologici suggeriscono che individui alti siano più a rischio.

Sovrappeso ed obesità

Il maggiore peso corporeo determina una maggiore sollecitazione sul rachide.

Sollevamento di pesi e traumi

Il sollevamento di pesi eseguito in modo scorretto espone la colonna lombare a notevoli forze. Costituiscono un fattore di rischio inoltre i traumi da impatto, i colpi di frusta ecc.

Posture scorrette

Cattive abitudini posturali alterano la distribuzione dei carichi sulla colonna e sui dischi intervertebrali esponendo a un rischio maggiore di ernia.

E’ un fattore di rischio importante il mantenimento della posizione seduta per lunghi periodi, ad es. durante la guida.

Sedentarietà

Individui sedentari hanno in genere una debolezza della muscolatura del tronco, in particolare estensori della colonna e addominali. Questo condiziona una minore “stabilizzazione” del rachide.

Sintomi dell’ernia del disco

L’ernia del disco intervertebrale può essere asintomatica, non determinare alcun sintomo ed essere il riscontro occasionale in seguito all’esecuzione di esami di imaging del rachide.

E’ inoltre da sottolineare che la gravità dei sintomi correla poco con l’entità delle alterazioni documentate all’imaging radiologico.

Il sintomo più comune è il dolore, cui possono accompagnarsi segni e sintomi neurologici: deficit di forza, disturbi sensitivi e, più raramente, disturbi sfinterici.

La localizzazione dei disturbi dipende dalla sede dell’ernia.

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Le ernie postero-laterali tendono a comprimere la radice nel forame di coniugazione o alla sua emergenza dal midollo spinale.

Le ernie mediane sono in grado di comprimere due o più radici contemporaneamente e causare la sindrome della cauda equina.

Sintomi ernia del disco cervicale

Le ernie cervicali possono essere causa di cervicalgia, mal di testa, contrattura della muscolatura del collo, disturbi sensitivo-motori agli arti superiori, come formicolio, riduzione della sensibilità, riduzione della forza.

Per approfondire l’argomento si rimanda alla lettura del seguente articolo: Ernia cervicale.

Sintomi ernia del disco lombare

Le ernie lombari possono causare, in base alla sede, dolore lombare, sciatalgia, cruralgia, deficit sensitivo-motori agli arti inferiori, disturbi sfinterici.

Le due più comuni sindromi cliniche sono la lombosciatalgia, sciatica o nevralgia sciatica comune e la lombocruralgia o nevralgia crurale.

Lombosciatalgia

La lombosciatalgia è caratterizzata da dolore alla porzione inferiore della schiena irradiato sulla superficie posteriore di un arto inferiore. E’ dovuta alla compressione o irritazione di una delle radici dei nervi spinali lombari (L4 ,L5) o sacrali (S1, S2, S3) costituenti il nervo sciatico, il più grande nervo del corpo umano.

Il dolore, descritto come acuto, bruciante, penetrante o a “scosse” può essere accompagnato da sintomi neurologici come formicolio, intorpidimento di un arto e debolezza muscolare. Nei casi severi possono comparire disturbi sfinterici (incontinenza).

Cruralgia

La cruralgia o nevralgia crurale si caratterizza clinicamente per la comparsa di dolore al rachide irradiato alla faccia anteriore della coscia, che può estendersi fino al ginocchio e alla superficie anteriore della gamba. E’ causata da una compressione a livello delle radici nervose L3-L4, che entrano nella costituzione del nervo femorale (detto anche nervo crurale).

Per approfondimento si rimanda alla lettura dei seguenti articoli: Mal di schiena, Sciatica, Ernia lombare.

Diagnosi

Il momento fondamentale della diagnosi è la visita medica, che prevede un’accurata raccolta anamnestica e l’esame clinico del paziente, mirato alla ricerca di segni e sintomi specifici.

I medici specialisti di riferimento per la diagnosi sono il Fisiatra e l’Ortopedico.

I casi meritevoli di trattamento chirurgico sono da indirizzare al Neurochirurgo.

Il sospetto diagnostico può essere confermato dall’esecuzione di esami radiologici e strumentali, utili nel documentare l’entità della patologia ed escludere eventuali patologie in diagnosi differenziale (neoplasie, malattie infiammatorie, infettive, sistemiche).

La risonanza magnetica nucleare (RMN) è la metodica d’elezione per lo studio della patologia erniaria in presenza di red flags.

La radiografia standard è indicata nel sospetto di frattura vertebrale o spondilite anchilosante è non è indicata di routine nel paziente con dolore radicolare.

Test elettrofisiologici (elettromiografia) non sono raccomandati di routine.

Terapia

L’ernia discale è un fenomeno a prognosi favorevole.

I sintomi dell’ernia del disco intervertebrale possono risolversi o autolimitarsi anche in assenza di trattamento specifico.

Il trattamento conservativo è nella maggior parte dei casi sufficiente per la regressione dei sintomi: il 95% dei pazienti con mal di schiena invalidante è in grado di riprendere l’attività lavorativa entro 3 mesi dall’episodio acuto senza dover ricorrere alla chirurgia.

L’intervento chirurgico è riservata ai casi con compressioni estese e grave compromissione neurologica.

L’impostazione di un percorso riabilitativo con educazione posturale è importante nel recupero completo e nella prevenzione delle recidive.

Riposo

In fase acuta è indicato un periodo di riposo, evitando tuttavia l’immobilizzazione completa.

Il riposo a letto deve essere limitato il più possibile, per evitare l’insorgenza di complicanze da immobilizzazione.

Farmaci

Farmaci antinfiammatori non steroidei, cortisonici, paracetamolo e oppiodi possono essere utili nella gestione del dolore, su prescrizione del medico.

I FANS non sono raccomandati per periodi prolungati considerato il rischio di effetti indesiderati, soprattutto nella popolazione anziana.

Il Paracetamolo, da solo o in associazione con oppioidi deboli sono una valida alternativa ai FANS.

I miorilassanti possono trovare indicazione in presenza di contrattura muscolare.

Gli steroidi per via sistemica devono essere utilizzati per brevi periodi.

Il dolore neuropatico viene gestito con farmaci di classe differente come il Pregabalin.

Fisioterapia

L’obiettivo della riabilitazione è ripristinare le funzioni lese, consentendo alla persona di riacquisire la massima autonomia possibile nelle attività della vita quotidiana, prevenendo le ricadute.

Il medico specialista in Fisiatria è responsabile del progetto riabilitativo, che viene formulato sul singolo paziente, sulla base dei deficit funzionali e degli obiettivi ragionevolmente raggiungibili.

Tecniche di terapia manuale con mobilizzazione della colonna, massaggio, esercizi di mobilizzazione attiva e rinforzo della muscolatura del tronco, stretching della muscolatura retratta ed educazione posturale sono i principali strumenti a disposizione del fisioterapista.

A scopo antalgico è possibile avvalersi di alcune tecniche di terapia fisica, ad es: laserterapia, TENS, tecarterapia.

Può essere indicata anche la Mesoterapia, tecnica manu medica, che prevede l’iniezione di sostanze terapeutiche nel tessuto sottocutaneo a scopo analgesico.

Ozonoterapia

L’ozonoterapia è una tecnica terapeutica che prevede l’iniezione di una miscela di ossigeno e ozono in sede intradiscale e paravertebrale.

Ha una buona efficacia antinfiammatoria e analgesica.

Intervento chirurgico per ernia discale

L’intervento chirurgico è indicato in presenza di un deficit neurologico ingravescente.

La sindrome della cauda equina è una indicazione assoluta all’intervento da effettuarsi in urgenza.

In elezione, l’intervento è indicato in caso di dolore persistente per oltre 6 settimane, non responsivo a trattamento conservativo e con congruità tra quadro clinico e radiologico.

Il paziente deve essere coinvolto nel processo decisionale e adeguatamente informato circa i rischi e i benefici.

L’età avanzata del paziente costituisce un elemento sfavorevole che richiede ulteriore cautela per l’indicazione chirurgica.

Le tecniche chirurgiche più comunemente impiegate sono la discectomia e la microdiscectomia.

La discectomia consiste nella rimozione del nucleo polposo del disco intervertebrale dopo rimozione del legamento giallo e rimozione parziale o totale della lamina.

La microdiscectomia è una tecnica di microchirurgia, meno invasiva rispetto all’intervento tradizionale.

La chirurgia del rachide non è scevra da complicanze intra e post operatorie temibili come l’infezione, il danno alle radici nervose o alle strutture vascolari, stimate complessivamente tra il 3 e il 6% dei casi.

Nel post-operatorio deve essere impostato in modo precoce un percorso riabilitativo finalizzato al massimo recupero possibile del deficit funzionale.

Prevenzione

Una prevenzione è possibile adottando uno stile di vita sano, mantenendo un buon assetto posturale, praticando attività fisica in modo regolare, con particolare attenzione al mantenimento di un’adeguata stenia della muscolatura del tronco.

Fondamentale evitare il sollevamento di pesi eccessivi, imparando a flettere le gambe piuttosto che il tronco.

Chi è obbligato a trascorrere molte ore in posizione seduta dovrebbe effettuare pause regolari, scegliere una sedia adeguata alla propria statura, con reggi bracci ed eventualmente applicare un sostegno in regione lombare.

All’insorgenza dei sintomi è importante rivolgersi al medico.

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